Parole povere – Tucker Film
Al cinema
Parole povere

Dissolvenze e inquadrature per raccontare la poeasia di Cappello e la semplicità ombrosa delle genti friulane.

Virgolette
- Emanuele Sacchi, MYmovies -
Sinossi.

Prima di essere un documentario, è la dolce collisione tra gli occhi di una regista e le parole di un poeta. Lei, Francesca Archibugi, offre il suo sguardo, costruisce l’ascolto; lui, Pierluigi Cappello, offre la sua identità sorridente, restituisce la complessa naturalezza di chi è nato «al di qua di questi fogli». Vita e creazione letteraria: quali distanze alimentano il rapporto? E di quali vicinanze, invece, si nutre?

La telecamera cerca risposte facendo sempre un passo indietro, con affettuoso pudore, e documenta la verità, la realtà, senza mai ricorrere a sovrastrutture intellettuali o cinematografiche. Il montaggio racconta, non estetizza, la musica di Battista Lena diventa scansione narrativa, non arreda i silenzi, e la piccola storia di Pierluigi, che è necessariamente anche la grande storia di una terra e di un popolo, scorre sullo schermo così come scorre nella quotidianità. Le radici friulane e le testimonianze divertite degli amici. I luoghi e i ricordi. L’ombra scura del 1976 e il profilo verde delle montagne. La sedia a rotelle che spezza la libertà di un sedicenne e disegna, millimetro dopo millimetro, la libertà di un uomo. Di un poeta. Di un guerriero mite e gentile che abita «fra l’ultima parola detta e la prima nuova da dire».

  • Note di regia

    La prima volta che ho incontrato Pierluigi Cappello è stato due anni fa, quando ho comprato la raccolta di poesie Mandate a dire all’imperatore con cui aveva appena vinto il Premio Viareggio. Non sono un’esperta di poesia, ma una lettrice appassionata. Mi serve avere un libro di poesia contemporanea sul comodino, perché è il più forte antidoto contro l’ansia e la noia. Mi sono avvicinata a Pierluigi quando è diventato il mio compagno di comodino. Non ci conoscevamo, eppure eravamo già intimi. Le poesie di Cappello sono piene di immagini e forse le ho perfino sognate. Non sapevo nulla della sua vicenda personale, dell’incidente di moto a sedici anni e della sua vita in carrozzina da allora. Nessun indizio dalle poesie, perché nei suoi versi Pierluigi corre. E, a volte, vola.

  • Bio del regista
    Francesca Archibugi.

    Romana, classe 1960, Francesca Archibugi ha studiato psicologia all’università di Roma e si è diplomata in regia al Centro Sperimentale di Cinematografia. Ha lavorato come sceneggiatrice e ha girato alcuni cortometraggi per la RAI tra i quali Il vestito più bello, per il Comune di Roma, come La piccola avventura e per Ipotesi Cinema Olmi, per il quale ha diretto Il sogno truffato. Nel 1985 ha vinto il Premio Solinas.


Locandina del film

Biografia

- dalla biografia del regista -
Francesca Archibugi.

Vincitrice del Premio Solinas nel 1985, ha diretto diversi cortometraggi per RAI, per il Comune di Roma e per Ipotesi Cinema Olmi.



Mi serve avere un libro di poesia contemporanea sul comodino, perché è il più forte antidoto contro l’ansia e la noia. Mi sono avvicinata a Pierluigi quando è diventato il mio compagno di comodino. Non ci conoscevamo, eppure eravamo già intimi.

Note di regia

- Francesca Archibugi -