Arirang – Tucker Film
Arirang

In un cortocircuito persino piacevole, ci troviamo osservati da Kim mentre guardiamo Kim che guarda Kim.

Virgolette
- Enrico Azzano, Quinlan -
Sinossi.

Dopo 3 anni di crisi artistica ed esistenziale, Kim Ki-duk torna a Cannes nel 2011 con questo documentario autoprodotto dove racconta proprio di questa terribile crisi. Un’auto-confessione a tutti gli effetti dove il regista mette a nudo se stesso non senza alcuni inserti di finzione, immagini simboliche che andranno a rafforzare la valenza del suo eremitaggio. Umanità e disumanità dialogano, passato presente e futuro dell’uomo e del regista sembrano incontrarsi in questi 100 minuti personali ma che parlano all’intimo di ognuno di noi.

  • Note di regia

    La storia di Arirang inizia nel 2008 sul set del precedente film di Kim Ki-duk, Dream. Durante le riprese di una scena di suicidio, l’attrice protagonista è rimasta appesa ad un cappio per una svista tecnica quasi fatale. Per fortuna è stata salvata in tempo, ma l’incidente ha innescato un esaurimento creativo ed emotivo in Kim. Arirang è sia un documentario autobiografico, che un atto di auto-terapia che ripercorre le esperienze del regista durante questo periodo di crisi.

  • Bio del regista
    Kim Ki-duk.

    Tacciato in patria di essere un visionario e osannato, invece, nel vecchio continente, Kim Ki-duk sembra aver trovato in Europa quell’America che ancora tarda ad accoglierlo. Distribuite in Italia solo di recente, dal 2003 per l’esattezza, le opere del regista coreano si distinguono per la ricorrenza di tematiche ed elementi duri, mostrati allo spettatore in maniera fredda e quasi naturale. Parliamo di una violenza che, a differenza di tanto cinema contemporaneo, non appare mai fine a se stessa ma, piuttosto, inglobata all’interno di un quadro più grande ed elevato che è quello dell’analisi dell’animo umano.

    Nato nel 1960 a Bonghwa, piccolo villaggio della Corea del Sud, a nove anni si trasferisce a Seoul, dove frequenta una scuola di avviamento professionale al settore agricolo. Abbandonati gli studi per problemi familiari si arruola, all’età di vent’anni, nell’esercito. Parentesi altrettanto importante è quella che lo vede avvicinarsi alla religione. L’arte però, altra passione coltivata negli anni, lo trascina violentemente fuori dal suo passato, portandolo a intraprendere un viaggio nel vecchio continente dal sapore bohemien per poi ritornare in Corea nel 1992.

    Trascorsi quasi tre anni scrivendo sceneggiature, Kim accetta di cimentarsi nella regia pur non avendo mai avuto esperienza di set. La sua quarta opera, L’isola(2000), rappresenta l’apice di questa prima parte della carriera. La pellicola, infatti, oltre ad essere presentata a Venezia e al Sundance, condensa quell’idea di cinema basata sull’astrazione e sulla quasi totale assenza di un contesto dominante per le storie messe in scena. Nel 2001, invece, realizza Bad Guy, presentato l’anno successivo al Far East Film Festival di Udine, nel quale passato e presente si mescolano e fondono in modo tale da far perdere il concetto stesso di realtà nei meandri della storia.

    È il 2003 l’anno della cosiddetta maturità artistica che in Kim trova forma ed espressione in Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera, pellicola che si discosta dalla durezza delle precedenti ma che, allo stesso tempo, contiene un forte equilibrio visivo e narrativo, tanto da consacrare definitivamente il suo autore in tutta Europa. L’anno successivo realizza La Samaritana, film che riporta a galla forti tematiche come la prostituzione e che gli vale l’Orso d’argento a Berlino per la regia. Autore volitivo e in continua eruzione, Kim nello stesso anno porta in scena Ferro 3, anch’esso energicamente legato alle tematiche giovanili tanto da diventarne in un certo qual modo summa artistica e personale. Il film non tarda ad essere apprezzato, ricevendo il Leone d’argento a Venezia nel 2004. Nei due anni successivi realizza L’arco (2005) e Time(2006), pellicole che in maniera diametralmente opposta analizzano la profondità dell’amore. Negli anni successivi si susseguono i film Soffio (2007), Dream(2008) e Amen (2011). Dopo un periodo di depressione (raccontato in Arirang), Kim Ki-duk torna a Venezia nel 2012 (vincendo il Leone d’Oro con Pietà) e poi, ancora, nel 2013 con Moebius.

  • Dello stesso regista
  • Director's statement

    <Arirang> parla di Kim Ki-duk
    che interpreta tre ruoli in uno.
    Attraverso <Arirang> supero una delle prove della vita.
    Attraverso <Arirang> comprendo gli esseri umani, ringrazio la
    natura e accetto la mia vita così com’è ora.
    Ora siamo…
    Ora siamo…
    nel mondo terreno in agguato con i desideri,
    nel mondo spettrale in agguato con il dolore,
    nel mondo immaginario in agguato con i sogni,
    senza inizio né fine,
    lentamente impazzendo.
    Cos’è l’affetto che rimane ancora intorno a me in decomposizione?
    È ancora attaccato alla sommità del mio capo, mettendo alla prova le mie emozioni.
    È ancora nascosto nel profondo del mio cuore, mettendo alla prova il mio senso di compassione.

    Se non avessi dato il mio cuore, sarebbero state persone cattive cancellate dai ricordi,
    ma se avessi dato il mio cuore, non avrei potuto lasciarle andare fino al giorno in cui
    sarei morto come persone spregevoli.
    Ah…
    Arirang
    Va bene
    Uccidiamoci senza pietà nei nostri cuori fino alla morte.
    Anche oggi
    mi trattengo quando mi arrabbio.
    Rido quando sono geloso.
    Amo mentre disprezzo.
    E perdono mentre tremo dal desiderio di uccidere.
    Aspetta,
    ucciderò
    me stesso, che ti ricorda.


Locandina del film

Biografia

- dalla biografia del regista -
Kim Ki-duk.

Tacciato in patria di essere un visionario e osannato, invece, nel vecchio continente, Kim Ki-duk sembra aver trovato in Europa quell’America che ancora tarda ad accoglierlo. Distribuite in Italia solo di recente, dal 2003 per l’esattezza, le opere del regista coreano si distinguono per la ricorrenza di tematiche ed elementi duri, mostrati allo spettatore in maniera fredda e quasi naturale.



Arirang è sia un documentario autobiografico, che un atto di auto-terapia che ripercorre le esperienze del regista durante questo periodo di crisi.

Note di regia

- Kim Ki-duk -